Tra le cose pazzesche ed immeritate che mi sono capitate quest’anno e di cui vi ho parlato al limite dello spam ce n’è una a cui tengo particolarmente perché riguarda un aspetto del mio lavoro di cui parlo molto poco ma che è presente in filigrana su tutto quello che faccio, ovvero la sostenibilità ambientale. Non ne parlo in primo luogo perché sul web ci sono voci molto più autorevoli di me, in secondo luogo perché so di tenere una condotta consapevole, rispettosa ma sicuramente non rigorosa. Uso solo scampoli, che sono di per sé scarti di produzione ma è possibile che contengano anche fibre artificiali, conservo e utilizzo i ritagli di stoffa ma butto via le parti più piccole e gli sfrangi della tagliacuci.
Non sono una guru dello Zerowaste e non ho nulla da insegnare a nessuno. Cerco di fare la mia parte ma posso sicuramente fare meglio. Per questo l’invito a tenere un Workshop nell’ambito delle iniziative del mio territorio per la Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti oltre a farmi enormemente piacere mi invoglia a provare nuovo progetti e buone pratiche.
Io abbraccio la filosofia del parlare solo di ciò che si conosce e pertanto evito di allargarmi e resto nel mio ambito proponendo un progettino di refashion improprio partendo da un paio di jeans usati, quelli con gli strappi lungo l’interno coscia, per capirsi. I jeans sono un oggetto iconico, sono belli di per se e in quanto riconoscibili, in ogni dettaglio, in ogni cucitura. Ogni oggetto creato a partire dai jeans è bello. Inoltre il denim è un tessuto resistente, facile da lavorare (a patto di non cercare di cucire otto strati con la Singer della Lidl). Non serve neppure l’orlo perché sfilacciato è bellissimo.
Pinterest è il paradiso delle idee e ci potete trovare quello che fa al caso vostro. Per quello che mi riguarda, dopo aver confezionato 100mila svuotatasche con cucitura a T mi sono data alle gonne jeans anni ‘70, con il triangolone lunga fino ai piedi o al ginocchio un po’ svasata. La versione che ho scelto per il workshop è un pochino più femminile e consiste in una baschina dritta (presa pari pari dal pantalone originario) e una falda di trapezi ritagliati dal tessuto delle gambe.
La misura della minore del trapezio è data dalla circonferenza dei fianchi divisa per 8 o per 6, la lunghezza e la svasatura dipende dal gusto e dalla quantità di materiale che avete a disposizione. Più il pantalone è largo più vi potete sbizzarrire, coi jeans skinny non ci fate nulla (e fanno venire la cellulite). Potete comunque aggiungere denim da un secondo paio di jeans oppure un altro tessuto a contrasto.
Vestire non è coprirsi. Il vestire e il vestirsi hanno da sempre profondi significato all’interno di qualsiasi gruppo sociale. Un abito identifica sempre: ruolo sociale, professione, etnia, possibilità economiche e le appartenenze più varie. Ne deriva che vestire con abiti auto-prodotti, riciclati, di seconda mano dimostra la nostra appartenenza ad un certo modo di intendere l’economia, l’ambiente, i diritti sociali. E’ un gesto politico nel senso più nobile del termine.
Se siete nelle vicinanze e vi va di partecipare al Workshop dove realizzeremo la gonna jeans, scrivetemi a corsi@produzionimproprie.com. Il corso si svolge venerdì prossimo alle 14 a Levico Terme.
Se ci fosse un libro di testo per questo corso sarebbe il favoloso La Gonna che visse 2 volte, di Saccavini (ottimo autore e eccelso titolista, è suo anche Sarto Subito, per dire). [Link Affiliato]
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Ho letto il tuo primo post per imparare, poi ho letto tutti gli altri per il puro piacere di leggerti.
Complimenti in tutti i sensi e grazie!!!
Grazie Laura e benvenuta! Devi aver davvero letto tutto se sei arrivata su questo post che hanno probabilmente letto in 3! 🙂 Grazie, mi fai un immenso piacere!
Ciao, complimenti per il blog e per gli ottimi spunti che offri.
Grazie
Grazie mille Antonio!